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C'ERA UNA VOLTA...

Un torrente di nome Avesa che scorreva nel centro di Bologna, e che ancora oggi la attraversa, nascosto sotto strade e palazzi.

Sulle sue sponde, tra il Medioevo e il Rinascimento, si producevano preziosi fili di seta e di lana con i quali mani abilissime intrecciavano tessuti che avrebbero fatto la fortuna della città. Fu così che alcune famiglie costruirono grandi ricchezze, sontuosi palazzi e storie misteriose, di cui ancora oggi Bologna nasconde i segreti.

1450

Nel 1450 una di queste famiglie, la famiglia dalla Lana posò la prima pietra del suo palazzo al numero 368 di quella strada che ancora oggi chiamiamo via Castiglione.

Fu proprio su quella pietra che il destino scrisse il primo capitolo della favola di Salotto Boschi.

N.D. FOCOSA ARDENZA DEL TOMO DI CARBONE

N.D. FOCOSA ARDENZA DEL TOMO DI CARBONE

Eccentrica nobildonna piemontese, nel 1520 trascorse alcuni mesi ospite del Palazzo per dimenticare il suo amore non corrisposto per il Conte Attilio Sfogliaboschi Bencilegge che rifiutò la sua mano per chiudersi in eremitaggio e dedicarsi alle letture. Si narra che ogni notte si destasse inquieta e vendicasse l’oltraggio subito dando alle fiamme, pagina dopo pagina, i libri della biblioteca. Gli antichi tomi oggi esposti nella Galleria di Salotto Boschi sono i soli risparmiati alla sua furia bruciante.

CONTE ATTILIO SFOGLIABOSCHI BENCILEGGE

CONTE ATTILIO SFOGLIABOSCHI BENCILEGGE

Dispettoso antenato della famiglia Boschi, ora proprietaria del Palazzo. Non mise mai piede nella dimora di via Castiglione, ma il suo ritratto ancora campeggia nella pinacoteca di Salotto Boschi. La leggenda narra che fosse uomo di lettere e di scienze. La sua erudizione era seconda soltanto alla sua sconfinata misantropia. Nel 1518, per non essere distratto nelle sue letture dall’impertinenti avances di Donna Focosa Ardenza Del Carbone, si fece costruire una immensa biblioteca d’ebano e avorio dove si rinchiuse in compagnia dei suoi libri e dove concluse i suoi giorni in colta e solitaria letizia.

1568

Nel 1568 la proprietà del Palazzo passò alla famiglia Grassi che lo mantenne per tutto il XVII.

DUCA DUCCIO FINGICACCIA DI RADURA DELLA SELVA

DUCA DUCCIO FINGICACCIA DI RADURA DELLA SELVA

Passato alla storia come uno dei più formidabili campioni di arti venatorie del XVI secolo, custodiva in realtà un cuore gentile e un profondo amore per gli animali. Per questo brevettò un archibugio a salve con cui trafiggeva le prede con innocue capsule di un olio profumato di sua invenzione che inebriava l’animale al punto da lasciarlo apparentemente esanime, ma pronto in realtà a riprendersi pochi minuti dopo il termine della messa in scena della gloriosa battuta di caccia. Stretta amicizia con una volpe parlante e un fagiano canterino ed altri animaletti incantati, Duccio frequentò assiduamente il Palazzo, approfittando della simpatia mostrata verso i suoi magici amici da parte dei padroni di casa, che restarono gli unici a conoscere il suo segreto.

1680

Il 1° Luglio 1680, la dimora fu assegnata in dote a Innocenza Grassi, moglie del Dott. Sforza Maria Lemi, ultima discendente della famiglia.

PRINCIPESSA ASFODELA ZUCCHERINI DELLA GHIOTTA

PRINCIPESSA ASFODELA ZUCCHERINI DELLA GHIOTTA

Golosa principessa romana ospite del palazzo nel 1730 . Ripetutamente sorpresa a saccheggiare le cucine del Palazzo, il nome di Asfodela è rimasto annotato negli annali della dimora per averne sbranato, in una sola notte, tutte le cospicue scorte di meringhe. Per molti secoli, i lettori dei libri della biblioteca, hanno continuato a rinvenire dolciumi ed altri alimenti da lei occultati tra le pagine dei volumi più pregiati per poi inghiottirli nottetempo, quando si aggirava indisturbata tra i corridoi del Palazzo divorando il suo prezioso tesoro di ghiottonerie. Ancora oggi è possibile osservarne alcuni esemplari conservati negli scaffali della Galleria di Salotto Boschi.

DUCA GUSTAVE FABERGE’ DE L'OMELETTE ET DE LA COQUE

DUCA GUSTAVE FABERGE’ DE L'OMELETTE ET DE LA COQUE

Duca d’Aquitania, esperto nell’arte della frittata e raffinato cultore dell’arte orafa. Giunse d’oltralpe in visita ad Innocenza Grassi nel 1742, recando in dono una rara gallina dalle uova d’oro e due dozzine di uova di cristallo con cui preparò la sua celebre “omelette prodige”, ricetta tanto semplice quanto preziosa con cui sbalordì gli ospiti del Palazzo. Esattamente un secolo dopo il gioielliere russo Gustav Faberge, ritrovato casualmente il manoscritto delle ricette del Duca (che una cuoca invidiosa aveva trafugato dalla biblioteca del Palazzo) e colpito dalla curiosa ominimia con l’autore, decise di aprire la propria maison con cui avviò la produzione delle celebri uova per lo zar Alessandro III.

1743

Alla morte di Innocenza Grassi, nel 1743, il palazzo passò alla famiglia Lemi che lo vendette a Battista Membrini il quale nel 1753 decise di riedificarlo e di ampliarlo, espandendone il perimetro fino a coprire una parte del torrente Avesa.

SALA OVALE

SALA OVALE

In questi anni, fu anche completato il ciclo decorativo degli appartamenti al piano nobile, in particolare gli affreschi del salone ovale. La decorazione a monocromo costituita di trofei e greche di gusto neoclassico avvolge le pareti e il soffitto a volta mentre nella parte superiore sono inserite tempere della scuola del Martinelli raffigurati la storia di Diana.

SALA PARAVENTI

SALA PARAVENTI

Nella volta di un altro salone, affacciato sulla chiesa di Santa Lucia, abbiamo un affresco di Filippo Pedrini raffigurante il trionfo delle Arti. Alle pareti campeggiano oggi due imponenti paraventi che completano la raffigurazione allegorica con un omaggio alle due Arti cui Salotto Boschi rende omaggio oggi con i suoi spazi e i suoi eventi: l’eleganza degli arredi e il piacere della tavola.

CONTE SANTIAGO FORGIASTANZE DELLA GORGONESCA

Conte Santiago Forgiastanze della Gorgonesca

Mago e prodigioso architetto di stirpe catalana che nel 1515 intervenne per primo sugli arredi del palazzo ammantandoli di un guizzo di magia. La leggenda narra che tale fu la passione che dedicò al Palazzo che, appena prima di esalare il suo ultimo respiro, fece ricorso ai suoi poteri magici per pronunciare un potente incantesimo: esattamente 500 anni dopo il suo spirito bizzarro si sarebbe reincarnato in un interior designer di Reggio Emilia che avrebbe infine arredato quelle stanze di magiche visioni. Persino i più scettici miscredenti non potranno non cogliere nei suoi lineamenti una sorprendente somiglianza con l’autore del progetto di Salotto Boschi.

BARONE VINICIO STILLA DELLA COPPACOLMA

BARONE VINICIO STILLA DELLA COPPACOLMA

Separato alla nascita dal proprio gemello, Conte Santiago, per oscure vicende dinastiche, il Barone si ricongiunse a lui per un caso fortuito e da allora albergò anche lui nel palazzo diventandone presto il cerimoniere. Celebre per il suo talento nel combinare i sapori e per il suo impeccabile senso della festa, progettò di deviare il corso del torrente Avesa per inondarne il letto di vino pregiatissimo onde poter letteralmente offrire “fiumi di vino” ai propri ospiti. Il suo sogno, tanto ambizioso quanto bizzarro, si scontrò ahimé con alcune difficoltà tecniche, ma la leggenda narra che anche lui, come il fratello, si sarebbe reincarnato nel XXI secolo in un nuovo discendente capace, inifine, di realizzarne l’impetuoso sogno enologico. La tradizione dei prodigiosi banchetti che intavolò nelle stanze del palazzo rivive oggi negli eventi di Salotto Boschi.

1760

Diana

Nel 1760 il mercante di droghe Ferdinando Montignani rifece la facciata e la scala nel tipico stile barocchetto bolognese adornandola con una statua di Diana commissionata allo Scandellari che Eugenio Riccomini definì una delle opere migliori dello scultore bolognese.

L’INCANTESIMO DI DIANA

Quando il primo raggio di sole sorse su Bologna e colpì la statua scolpita dallo Scandellari, la dea della caccia fu commossa da una così splendida rappresentazione di se stessa e improvvisamente il suo cuore guerriero si sciolse in un imprevedibile moto d’amore e tenerezza.
In un istante la sua passione venatoria si offuscò e per un giorno la dea abbandonò ogni suo attributo: depose la faretra, appese l’arco, gettò la lancia. Continuò a impugnare soltanto la fiaccola, emblema della sua origine come Dea della Luce.

Quel giorno ogni battuta di caccia si trasformò in un convito d’amore e in un’esplosione di gioia: ogni cacciatore prese a danzare con i propri cavalli e i cani cessarono di inseguire le prede per giocare con loro. Le volpi uscirono allo scoperto, mentre lepri, conigli, fagiani e cerbiatti furono improvvisamente liberi di correre felici.

Quando il sole spense il suo ultimo raggio sul volto della statua l’incantesimo terminò.
Diana decise però di lasciare un dono nel Palazzo, prima di impugnare nuovamente le sue armi. Con la sua fiaccola accese tre grandi cappelli magici affinché ogni animale colpito da quella luce potesse proseguire per sempre la magia di quel giorno di festa. Dodici lepri uscirono dai cappelli e ancora oggi ancora danzano tra i soffitti di Salotto Boschi, per ricordare ai suoi ospiti che la Bellezza può mutare ogni cosa (e ogni casa) in un magico prodigio.

Conigli

1803

Nel 1803 la dimora passa al senatore Carlo Zambeccari e nel 1807 i suoi eredi la vendettero a Giovanni Frizzati che la ampliò ulteriormente coprendo un’altra parte del torrente Avesa e conferendole le dimensioni che ancora oggi mantiene.

LE PECORE DEL PALAZZO

Pecore

Con l’espansione del Palazzo sul fiume, la famiglia cessò la lavorazione della lana. Ma le pecore non persero l’abitudine di frequentare il Palazzo. Una volta ricresciuto il loro vello, si installarono nel salone dei Paraventi dove tutt’oggi è possibile imbattersi in qualche gregge che vi pascola beato.

MARCHESE VINCENSLAO SCIABOLA DI PENNAROSSA

MARCHESE VINCENSLAO SCIABOLA DI PENNAROSSA

Viaggiatore instancabile, reinterpretò radicalmente il concetto di Gran Tour, in voga nel XIX secolo tra gli aristocratici europei, sostituendo mete più esotiche alle classiche destinazioni italiane a lui già note. Soggiornò una sola notte nel palazzo durante il suo viaggio dalla Russia ai Tropici in compagnia del suo inseparabile pappagallo, prima di esserne allontanato in seguito ad uno spiacevole episodio: per narrare di un atollo che aveva visitato nei suoi viaggi, e spiegare agli ignari commensali di cosa si trattasse, il Marchese estrasse dall’elsa la sua spada e praticò un foro circolare al centro del tavolo della sala da pranzo. Il tavolo, oggi restaurato, è tuttora esposto nella Sala delle Colonne di Salotto Boschi.

DAL 1831 AL 1870

Nel corso dell’Ottocento, e prima di approdare nel 1870 ai proprietari attuali, il Palazzo passa ripetutamente di mano: dapprima, nel 1831, alla famiglia Ranuzzi, quindi nel 1854 alla famiglia Sassoli.

CONTESSA BALDOVINA PIEGABENE DI FOGLIOVECCHIO

CONTESSA BALDOVINA PIEGABENE DI FOGLIOVECCHIO

Donna leggiadra ed eclettica, dopo essersi distinta nel campo dell’ornitologa acquisendo in questo campo una fama europea, decise di orientarsi verso nuovi studi. Abbracciò così la sua antica passione per l’Oriente diventando una delle più autorevoli nipponologhe del tempo. Giunse a Bologna alla metà del XIX secolo per studiare l’assordante canto dei rari uccelli collezionati nelle voliere del Palazzo che stava rendendo folli i padroni di casa. Passò alla storia per avere liberato i volatili che la famiglia collezionava gelosamente, restituendole l’agognato silenzio, e sostituendoli con altrettanti uccelli di carta da lei costruiti piegando le antiche pagine dei libri della biblioteca secondo l’arte giapponese dell’origami. La sua abilità fu tale che nessun membro della famiglia si accorse mai della sostituzione e a Baldovina fu tributata immensa riconoscenza per aver saputo sedare lo strillo dei pennuti e riportare la pace tra le stanze del Palazzo.

LAPINO SCORZABOSCHI DELLA GHIANDA

LAPINO SCORZABOSCHI DELLA GHIANDA

Scaltro roditore di nobile stirpe ungherese entrato nel lignaggio dei Boschi nella seconda metà del XIX secolo per essersi maritato ad una leprotta di famiglia. Seppe trarre profitto dall’abilità di Baldovina Piegabene di Fogliovecchio nell’ingannare i padroni di casa sostituendo ai volatili altrettanti uccelli di carta: accortosi che i pennuti erano identici nelle fattezze ma ben meno esigenti dal punto di vista alimentare, il nobile coniglio decise di installarsi definitivamente nel Palazzo per approfittare delle abbondanti libagioni preparate per gli uccelli, facendone il proprio banchetto quotidiano.

MARCHESI BOSCHI

Alla morte di Maria Sassoli, che aveva sposato il marchese Tommaso Boschi nel 1870, il Palazzo passò alla famiglia Boschi.

Da quel momento, il Palazzo è rimasto nelle mani dei Marchesi Boschi, che di generazione in generazione ne hanno tramandato con passione e rispetto il retaggio storico e custodito con orgoglio il patrimonio artistico fino ai giorni nostri.

A memoria del loro lungo passato i ritratti degli antenati della famiglia sono ancora appesi sulle pareti della pinacoteca di Salotto Boschi che si affaccia sulla Chiesa di Santa Lucia e sul torresotto di Castiglione, una delle 18 porte della Cerchia del Mille di Bologna.

OGGI

ASSUNTA

 

Nel 2015, dopo più di mezzo millennio di storia gloriosa, il Palazzo entra in una nuova giovinezza: pur mantenendo intatta la struttura interna del piano nobile, un incantesimo inatteso ha riaperto le porte della storia per invitare nelle sue stanze inattese presenze di un passato nuovo e di un presente antico, insieme a un soffio di magia che ne ha trasformato gli arredi.

Soffiando sulla polvere del tempo si è scoperto un nuovo smalto, capace di riflettere i colori degli antichi blasoni concedendosi il più aristocratico dei lussi: esaltare la tradizione di famiglia – noblesse oblige – prendendosi gioco dei propri vezzi antichi per trasformare il passato in una favola contemporanea.

MARCHESI VALERIO BOSCHI E MARGHERITA MADDALENA BOSCHI DEI BARONI BASILE

MARCHESI VALERIO BOSCHI E MARGHERITA MADDALENA BOSCHI DEI BARONI BASILE

Attuali discendenti della Famiglia Boschi, hanno abdicato all’araldica in favore di nuove discipline, si sono iscritti ad un corso accelerato di acrobazie tenutosi a bordo di una macchina del tempo che ha consentito loro di conseguire il prestigioso titolo di “Gran Funamboli del Tempo”. Ora corrono leggeri sul filo sottile che separa il loro fortissimo valore del passato dal loro non meno intenso desiderio di futuro. Forti di una formazione così formidabile e armati del potere dell’ironia portano avanti la tradizione dell’accoglienza di famiglia accendendola con un guizzo di audacia. Dal 2015 hanno iniziato a scrivere una nuova pagina della favola di Palazzo Boschi dando vita a Salotto Boschi, lo spazio per eventi più favoloso, favoleggiante e favolistico di tutti i tempi.

LA TUA FAVOLA

La favola di Salotto Boschi sta per finire… o meglio, per iniziare.
Si, perché è proprio dove termina questa favola che può cominciare la vostra.
Tra i suoi salotti, le sue tavole imbandite e la sua atmosfera unica, è il momento di pensare alla favola che aspettavate, per inventare un evento magico, in cui vivere per sempre felici e contenti.

Testi, follie e (in)consapevoli incongruenze storiche a cura di Francesco Catalano

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